Il caos della politica livornese.

In questi giorni mi è capitato di parlare, con vari personaggi, della politica livornese. Ho ascoltato congetture sulle prossime amministrative, ormai alle porte, sulla nascita di liste civiche, sui movimenti presenti sul territorio, sulla spaccatura dei partiti già esistenti e sulle loro correnti. Il quadro generale è riuscito ad avvilire me, che ho sempre avuto una passione per la politica, posso immaginare l'effetto su chi si limita al semplice (e doveroso) esercizio del voto. Parlando con varie persone mi sono fatto una domanda forse un po' ingenua, ma neanche troppo: cosa dovrei dire ad un giovanissimo livornese che avesse l'intenzione di "fare politica"? Quali consigli dargli? Purtroppo, nonostante lì per lì avessi un fiume di idee e di discorsi da proporre, dopo pochi minuti, pensando alla situazione livornese, mi è preso lo sconforto. Probabilmente gli direi che "a Livorno d'estate c'è un sole bellissimo, vai al mare e divertiti". Ma in fin dei conti, sono ancora dell'idea che le passioni non vadano soffocate, al limite indirizzate, strutturate, ma mi sentirei in colpa se a causa mia qualcuno dovesse rinunciare a fare politica. Perché fare politica (quella vera, sia chiaro) è una delle cose più nobili dell'essere umano. Fare politica vuol dire assumersi le responsabilità del mondo che ci circonda, studiare e capire i fenomeni che compongono la nostra vita e trovare una soluzione che vada a vantaggio della collettività. Se vogliamo, nei suoi concetti fondamentali (e scissi dalla questione prettamente religiosa), Cristo è stato il più grande politico di tutti i tempi. Ma non c'è bisogno di scomodare veri o presunti Messia, ognuno di noi può rappresentare lo spirito della buona politica, tenendo sempre presente che tutti noi abbiamo dei limiti e non si può essere dei tuttologi. Per dare credito a questa mia teoria, farò alcuni esempi. Si fa politica tutti i giorni e la fanno le persone più diverse ed eterogenee. La signora che al mercato sceglie accuratamente quale verdura acquistare, da quale venditore e a quale prezzo, sta mettendo in pratica la "politica economica" del prossimo pranzo, così come il verduraio dovrà tessere relazioni, capire il mercato, confrontare i prezzi e capire la società che lo circonda per vendere più pomodori possibili e così facendo anche lui fa la sua "politica". All'interno della sfera dell'onestà entrambi gli interessi "privati" vanno a vantaggio della collettività, la signora avrà i suoi pomodori, freschi e a buon prezzo e il verduraio avrà fatto l'incasso di giornata. Stesso discorso vale per dei ragazzi che si ritrovano a giocare a calcetto, nel gruppo dei "10" ci sono un campioncino ed un nuovo arrivato un po' imbranato. I ragazzi si consultano e fanno le squadre in maniera tale che il campioncino e l'imbranato giochino nella stessa squadra, così da non sbilanciare troppo la partita. Anche questa è politica. E gli esempi potrebbero continuare con il vecchio che si lamenta al bar per le buche nelle strade (sta esprimendo un disagio che la politica dovrà cogliere) o con l'operaio che presidia la sua fabbrica in crisi (difende il suo diritto e di conseguenza quello della sua categoria).
I livornesi, nei loro modi così conosciuti e simpaticamente apprezzati fuori dai confini, fanno tantissima politica. La nostra città è infatti piena di comitati, gruppi organizzati, movimenti e liste civiche, ognuno spinto da un diverso motore propulsivo, che sia una strada rumorosa, una discarica o la difesa di una categoria, ma allo stesso tempo si nota una dispersione del consenso sempre più marcata. Parte del problema (e di certo non la parte minore) è sicuramente da imputare ad una classe politica che perdura dalla nascita della Repubblica. Il Partito Democratico infatti, nelle sue varie forme, che vanno dal PCI, al PDS, ai DS, fino alla sua forma attuale, ha sempre avuto l'egemonia politica sulla città. Questo non è sbagliato a prescindere, ma purtroppo non viviamo in una società ideale. Avere il potere per 60 anni porta inevitabilmente alla stagnazione ideologica e a quella pratica. Quando il voto dei cittadini va "conquistato" la politica è capace di grandi cose, ma quando si vive di "voto di rendita" si smette di agire e ci si arrocca. Ciò ha portato, negli anni, alla tessitura di una trama di potere che va ad intarsiarsi in tutti i settori nevralgici della città, portando inevitabilmente ad una politica che vive per sé stessa e non più per i suoi elettori. E quando il consenso scende, questa "macchina" usa tutte le sue armi per preservare i suoi interessi, finendo per rompere il muro dell'eticità e dell'onestà e andando addirittura a svantaggio della collettività. Non è una colpa diretta di chi ha il potere in questo momento, è semplicemente un dato di fatto, il sistema è così e se si vuole entrare "in gioco" si accettano le regole del sistema o si viene estromessi. Il cane (mi si passi la metafora) è il miglior amico dell'uomo ma in altri contesti, come un freddo bosco innevato, privo di cibo e biologicamente stressante, esso può divenire uno dei nostri peggior nemici. E' questo che ha portato, ai giorni nostri, alla creazione di uno sciame di liste civiche pronte a presentarsi alle prossime elezioni. Molte di esse (non tutte, sia chiaro) sono strumenti in mano ad un potere sempre più logoro, che cerca di recuperare consensi smistandoli verso personaggi "nuovi" o "rigenerati". Ma il panorama politico livornese soffre non solo a causa del potere precostituito, ma anche a causa dell'inesperienza o della manifesta incapacità dei suoi "detrattori". La situazione attuale presenta un PD che fino al congresso di Dicembre non saprà di che pasta è fatto, dilaniato com'è da correnti interne; vi è un PDL spaccato e diviso su tutto (ora vi è addirittura una lotta su chi sia il degno rappresentante della "nuova" Forza Italia) nonostante Matteoli (non l'ultimo arrivato) abbia ufficializzato la sua candidatura; c'è il Movimento 5 Stelle anch'esso diviso e spaccato in due per cause più o meno note; Sel e Idv sono ormai due entità astratte, ci sono poi una serie di liste civiche che si dividono in due categorie, le "stampelle" e le "indipendenti" e ovviamente ho maggior stima per le seconde.

In sintesi, regna il caos. Chi volesse affacciarsi ora al mondo della politica avrebbe contemporaneamente l'imbarazzo della scelta e l'imbarazzo tale e quale. Non c'è un filo logico, manca il "catalizzatore" che riesca a porre fine a questa disgregazione e, sia chiaro, non escludo a priori (anche se lo trovo estremamente difficile) che il rinnovamento possa in qualche modo arrivare inaspettatamente dal PD, che dopo il congresso potrebbe essere qualsiasi cosa, la politica ci ha abituato a capovolgimenti repentini. Certo è che questa città avrebbe bisogno di una scossa, se non altro per far tornare la politica sui binari dell'interesse collettivo. Voglio liberarmi dai pregiudizi e arrivo addirittura a dire che il PD sarebbe senz'altro il partito più strutturalmente pronto (vista l'esperienza di governo) a governare una città come Livorno (che non è Procchio, ma neanche Manhattan) che ha un bilancio di oltre 300 milioni di euro. Peccato sia macchiato (indelebilmente?) da vent'anni di immobilismo e fallimenti vari e sia, in fin dei conti, il gigante dai piedi d'argilla che ha unto ogni posizione di potere. Una Ferrari guidata da quel simpatico vecchietto con la coppola che ci ritroviamo sempre davanti quando abbiamo fretta.

Quello che mi sento di dire è che impegnarsi è sempre importante, a prescindere dalla situazione. Anzi, più la situazione è drammatica più è necessario intervenire e metterci la faccia. Io stesso sono molto confuso dalla situazione e obiettivamente non saprei che pesci pigliare, so solo che amo Livorno e farei qualsiasi cosa per far sì che i livornesi possano riappropriarsi della città che tanto amano.

Commenti